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Da luglio 2018 stop al contante per pagare gli stipendi

Era da molti mesi che si parlava dell’intenzione del Governo di introdurre l’obbligo di pagamento delle retribuzioni tramite banche o uffici postali per evitare che i dipendenti, sotto il ricatto del licenziamento o della non assunzione, siano spinti a firmare una busta paga da cui risulta una retribuzione regolare anche se in realtà viene corrisposto un importo inferiore ai minimi previsti dalla contrattazione collettiva.

Ed ora è realtà: dal 1 luglio 2018 il pagamento degli stipendi in contanti è vietato, è obbligatorio il pagamento della retribuzione tramite bonifico bancario o postale o comunque strumenti di pagamento elettronici.

Chi paga gli stipendi in contanti rischia una sanzione da 1.000 a 5.000 euro.

 

Non solo, la firma della busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione.

 

La proposta di legge (atto camera 1041), primo firmatario l’onorevole Titti Di Salvo (Pd), presentata nel 2013, con modificazioni, è diventata legge con l’introduzione del comma 910 e seguenti all’art. 1 della Legge di Bilancio 2018 (Legge 205 del 27 dicembre 2017).

 

A detta dei promotori dell’introduzione del divieto di pagamento degli stipendi in contanti, si tratta di una “soluzione a un problema che colpisce moltissimi lavoratori. È infatti noto che alcuni datori di lavoro, sotto il ricatto del licenziamento o della non assunzione, corrispondono ai lavoratori una retribuzione inferiore ai minimi fissati dalla contrattazione collettiva, pur facendo firmare al lavoratore, molto spesso, una busta paga dalla quale risulta una retribuzione regolare. 

 

Tale prassi deprecabile rappresenta un grave danno per i lavoratori i quali vengono non solo depauperati di parte del lavoro prestato, ma sono lesi nella loro dignità e nel diritto a una giusta retribuzione, in violazione degli articoli 1, 35 e, soprattutto, 36 della Costituzione. Al contrario, la corresponsione di una retribuzione inferiore si risolve in un vantaggio illecito per il datore di lavoro”.

 

 

 

Nuove modalità obbligatorie di pagamento degli stipendi

 

Il comma 910 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2018 introduce delle modalità obbligatorie di legge di pagamento delle retribuzioni:

 

“910. A far data dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti corrispondono ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi:

a) bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;

b) strumenti di pagamento elettronico;

c) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;

d) emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.

 

L’impedimento s’intende comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a sedici anni”.

 

 

 

Pagamento stipendi in contanti vietato dal 1 luglio 2018

 

Il comma 911 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2018 stabilisce il divieto di pagamento degli stipendi in contanti:

 

“911. I datori di lavoro o committenti non possono corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato”.

 

Sono quindi consentiti i pagamenti degli stipendi con bonifico, con assegno bancario, oppure anche con pagamento in contanti ma presso uno sportello bancario o postale, quindi sempre in modalità tracciabile.

 

 

 

Datori di lavoro obbligati a pagare gli stipendi con bonifico o assegno

 

Il comma 912 della Legge di Bilancio 2018 fornisce una precisa indicazione, non tanto sui datori di lavoro obbligati a seguire la nuova normativa sul pagamento degli stipendi, ma letteralmente quali sono i rapporti di lavoro ai quali si applica la normativa e quindi per quali buste paga o retribuzioni vige dal 1 luglio 2018 l’obbligo di pagamento degli stipendi con strumenti tracciabili tramite banca o posta, ed il conseguente divieto di pagamento degli stipendi in contanti.

 

“912. Per rapporto di lavoro, ai fini del comma 910, si intende ogni rapporto di lavoro subordinato di cui all’articolo 2094 del codice civile, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto, nonché ogni rapporto di lavoro originato da contratti di collaborazione coordinata e continuativa e dai contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci ai sensi della legge 3 aprile 2001, n. 142″.

 

La conseguenza è che obbligatorio il pagamento degli stipendi tramite banca o posta o comunque è vietato il pagamento degli stipendi in contanti, nei confronti dei seguenti rapporti di lavoro:

 

  • contratto di lavoro a tempo indeterminato;
  • contratto di lavoro a tempo determinato o contratto a termine, anche part-time:
  • contratto di lavoro a tempo parziale o part-time;
  • contratto di apprendistato;
  • collaborazione coordinate e continuative o cococo;
  • lavoro intermittente o accessorio o a chiamata;
  • contratti di lavoro con soci di cooperative;
  •  qualsiasi rapporto di lavoro subordinato.

 

 

Firma della busta paga e onere della prova

 

Non solo la legge, sempre al comma 912 dell’art. 1 della Legge n. 205 del 27 dicembre 2017 (Legge di Bilancio 2018) chiarisce che gli obblighi di pagamento degli stipendi riguardano tutti i lavoratori subordinati ai sensi dell’art. 2094 del codice civile, indipendentemente dal contratto di lavoro e dalla sua durata. Ma stabilisce anche che “La firma della busta paga apposta dal lavoratore non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione”.

 

Quindi la logica conseguenza, anche per la tracciabilità del pagamento delle retribuzioni introdotta in maniera obbligatoria per legge, l’avvenuto pagamento della retribuzione è attestato solo dalla copia del pagamento della retribuzione stessa, quindi copia del bonifico, fotocopia dell’assegno o comunque attestazione bancaria o postale.

 

 

Stipendio restituito in contanti dal lavoratore

 

La normativa, pur se contenente maggiori tutele dei lavoratori vittime di mancati pagamenti delle retribuzioni, non interviene a contrastare il fenomeno del pagamento della retribuzione netta in busta paga con bonifico o assegno bancario, ma con il lavoratore che restituisce al datore di lavoro, in contanti, parte del denaro percepito con strumenti tracciabili.

 

 

 

Lavoro domestico escluso

 

La normativa introduce al comma 913 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2018 delle esclusioni per il pubblico impiego e per il lavoro domestico: “Le disposizioni di cui ai commi 910 e 911 non si applicano ai rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, a quelli di cui alla legge 2 aprile 1958, n. 339, né a quelli comunque rientranti nell’ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali per gli addetti a servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale”.

 

 

 

Pagamento stipendi in contanti: sanzioni fino a 5 mila euro

 

Lo stesso comma 913 introduce le sanzioni per il divieto di pagamento stipendi in contanti.

Originariamente la proposta di legge prevedeva sanzioni da 5 mila a 50 mila euro. La normativa approvata invece riduce tale regime sanzionatorio. Non solo, la proposta di legge conteneva anche obblighi datoriali di comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro (unilav assunzione) con indicazione dell’istituto bancario o l’ufficio postale (che a sua volta deve rilasciare una dichiarazione che “attesta l’attivazione del canale di pagamento a favore del lavoratore”). Ed in mancanza di tale indicazione nell’unilav assunzione, il datore di lavoro era sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma pari a 500 euro. Ma tale parte della proposta non è passata.

 

Il comma 913 approvato è il seguente: “Al datore di lavoro o committente che viola l’obbligo di cui al comma 509-bis si applica la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro”.

 

Si tratta di un regime sanzionatorio decisamente attenuato e che sembra riferirsi alla totalità dei rapporti di lavoro, quindi indipendentemente dal numero di violazioni.

 

 

Normativa pagamento stipendi in vigore dal 1 luglio 2018

 

Il comma 914 della Legge di Bilancio 2018 prevede che “Gli obblighi di cui ai commi 910, 911 e 912 e le relative sanzioni si applicano a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge”. Si tratta quindi dell’entrata in vigore della normativa dal 1 luglio 2018.

 

L’intenzione del Governo è quella infatti di organizzarsi con campagne informative, ma anche di permettere ai datori di lavoro di organizzarsi.

 

Il comma 914 stabilisce inoltre che “Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Governo stipula con le associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative a livello nazionale, con l’Associazione bancaria italiana e con la società Poste italiane Spa una convenzione con la quale sono individuati gli strumenti di comunicazione idonei a promuovere la conoscenza e la corretta attuazione delle disposizioni di cui ai commi 910, 911 e 912.

 

La Presidenza del Consiglio dei ministri, in collaborazione con il Ministero dell’economia e delle finanze, predispone campagne informative, avvalendosi dei principali mezzi di comunicazione, nonché degli organi di comunicazione e di stampa e di soggetti privati. Ai fini dell’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma, è autorizzata la spesa di 100.000 euro per l’anno 2018″.

 

 

Fonti: